Cos’è il Session RPM e perché è una metrica importante per gli editori

Per un editore, misurare le performance pubblicitarie del proprio sito è molto importante, per capire se gli utenti sono soddisfatti del prodotto o se invece c’è bisogno di ottimizzarlo in qualche modo. Sul mercato esistono diverse metriche di misurazione, ma ce n’è una che è particolarmente efficace, per vari motivi: il Session RPM (ricavo per mille sessioni di navigazione). In questo post vi spiegheremo cos’è il Session RPM e perché è una metrica particolarmente importante per gli editori, confrontandola con le altre metodologie più utilizzate.

Prima di capire cos’è il Session RPM, però, è importante fare un passo indietro e comprendere la differenza tra tre termini chiave del mondo degli analytics: Sessione, Utente e Visualizzazione di Pagina. Se siete degli editori e utilizzate Google Analytics per misurare le performance del vostro sito, sicuramente vi sarete trovati davanti a questi tre concetti. Vediamo di capire cosa significano e in cosa differiscono.


Indice


 

Cosa sono le Sessioni?

Nella sua pagina di supporto, Google definisce una sessione “un gruppo di interazioni con il tuo sito web in un determinato arco di tempo. Ad esempio, una singola sessione può contenere più visualizzazioni di pagina, eventi, interazioni sociali e transazioni e-commerce”. Per impostazione predefinita, una sessione termina dopo 30 minuti di inattività, ma l’editore può modificare questo valore per ottenere una durata variabile da qualche secondo fino a diverse ore.

Ecco come funziona una sessione: quando un utente accede a un sito, si attiva un cookie di sessione (un codice identificativo che viene “attaccato” a quella sessione dello specifico utente). Se nell’arco di 30 minuti non viene eseguita alcuna interazione dall’utente, la sessione si conclude, altrimenti ogni volta che l’utente interagisce con un elemento del sito, al tempo di scadenza Google Analytics aggiunge ulteriori 30 minuti.

Google considera tutte le interazioni dell’utente che avvengono all’interno di questo lasso di tempo come una singola sessione.. Se però l’utente effettua un’azione, poi rimane inattivo per un’ora (quindi la sessione scade) e poi compie un’altra azione sul sito, Google Analytics conterà due sessioni distinte. La cosa importante da notare è che questa metrica non misura il numero di attività svolte sul sito, come ad esempio la quantità di pagine visualizzate: all’interno del periodo di 30 minuti il sistema conterà sempre soltanto una sessione.

Cosa sono le visualizzazioni per utente e per pagina?

Gli altri due termini che Google Analytics usa per misurare le performance di un sito sono le visualizzazioni per utente e per pagina.

Le visualizzazioni per utente misurano il numero di singoli utenti che navigano un sito. Ogni volta che un utente accede per la prima volta a un sito, Google Analytics assegna a quella persona un cookie, ossia un codice identificativo, che rimane poi immagazzinato all’interno del browser per due anni dalla data di ultima visita del sito. È importante notare che il cookie identifica l’utente all’interno di quel particolare browser, dunque se l’utente visita un sito utilizzando ad esempio Google Chrome e poi, il giorno dopo, utilizzando Safari, verrà contato come due utenti diversi. Stessa cosa se visita il sito da dispositivi diversi, come pc e smartphone. L’utente è diverso dalla sessione: un singolo utente, infatti, può compiere più sessioni nell’arco dei due anni di validità del cookie.

Infine, le visualizzazioni per pagina. Come dice il nome, questo sistema conta il totale delle pagine viste su un sito. Anche questa metrica è diversa dal conteggio delle sessioni, perché all’interno di una sessione si possono visitare più pagine, ed è diversa anche dalla misurazione degli utenti, perché uno stesso utente può visitare più pagine di un sito. Infatti, se un utente clicca su due differenti pagine, ma anche se l’utente clicca due volte sulla stessa pagina o la aggiorna, verranno contate due pagine viste.

Esiste anche il concetto di visualizzazioni uniche di pagina (“unique pageviews”), in cui vengono eliminate le visualizzazioni multiple all’interno di una sessione: se un utente visita la stessa pagina più volte in un’unica sessione, verrà quindi contata in questo caso una sola visualizzazione di pagina.               

Precisati questi tre concetti, possiamo ora tornare al Session RPM.

Cos’è il Session RPM

Letteralmente, come abbiamo detto all’inizio, Session RPM sta per “ricavo per mille sessioni di navigazione”, ossia quello che un editore guadagna da mille sessioni di navigazione sul proprio sito. Si calcola facendo il rapporto tra il totale dei ricavi acquisiti da tutte le fonti e sessioni, e il numero di sessioni contate sul sito, e moltiplicandolo per 1000.

Quindi: Ricavi/Sessioni *1000.

Di fatto, si tratta di una metrica particolarmente importante per capire se gli annunci su un sito stanno rendendo bene. A differenza di altre metriche, infatti, il Session RPM mostra i “ricavi PER sessione”. Il numero di sessioni può cambiare a causa delle fluttuazioni del traffico e dipende più dal contenuto, dalla distribuzione e dal SEO, ma il Session RPM non tiene conto del valore assoluto delle sessioni, e riesce così a riflettere esclusivamente l’effetto delle strategie di monetizzazione e di user experience.

Per capire meglio la bontà di questo metodo, mettiamolo a paragone con alcuni dei principali sistemi di misurazione sul mercato.

1. I ricavi totali

I ricavi totali di un sito sono in generale una giusta metrica da tenere in considerazione, ma allo stesso tempo in certe circostanze sono poco affidabili. Ad esempio, possono essere influenzati dalle fluttuazioni del traffico. Prendiamo il caso di un editore che decide di aggiungere un nuovo formato a una pagina. Proprio in quel momento, il sito registra un calo di traffico, magari stagionale: a causa delle minori visite i ricavi complessivi risulteranno in calo, nonostante il nuovo formato porti ulteriori guadagni. Misurare le performance del sito dai ricavi totali non farà notare all’editore il successo della sua strategia.

2. I CPM (e gli eCPM)

Il CPM (costo per mille impression) è una metrica tipicamente utilizzata dagli inserzionisti (infatti definisce un “costo” invece che un “ricavo”) ma è molto diffusa anche tra gli editori. Tuttavia, non sempre il fatto che un inserzionista paghi un alto CPM rappresenta – nel complesso – un successo per un editore. Ad esempio, tra un’azienda che paga di più ma riempie la metà degli spazi disponibili (il “fill rate” è più basso) ed una che paga un po’ meno ma li riempie tutti, la seconda opzione è sicuramente migliore.

Per ovviare al problema del fill rate, alcuni editori usano allora il metodo dell’eCPM o “CPM effettivo”, ossia un valore calcolato dal rapporto tra i ricavi complessivi e le richieste pubblicitarie, moltiplicato per mille (ricavi/ad request*1000). Tuttavia, questa metrica non riesce a dare una visione ad ampio spettro del guadagno dell’editore, concentrandosi piuttosto sul valore economico dei singoli formati pubblicitari. Se ad esempio una pagina ha un formato con un eCPM di 2 euro, e ad esso ne viene aggiunto un altro con un eCPM di 1 euro, limitarsi a guardare l’eCPM farà notare solo il calo economico di 1 euro, invece dell’aumento complessivo dei ricavi dato dal formato in più.

3. Il Page RPM

Abbiamo visto come, a livello di analytics, c’è differenza tra le misurazioni per sessione e quelle per pagine viste. Alcuni editori, soprattutto quelli che utilizzano AdSense, adottano la metrica dei Page RPM, ossia dei “ricavi per mille pagine (viste)”. Rispetto a metodi come CPM ed eCPM, che si basano solo sul valore dei singoli formati adv, i Page RPM sono più “avanzati”, in quanto tengono conto delle visualizzazioni da parte degli utenti. Tuttavia, hanno un limite rispetto ai Session RPM: non tengono traccia dell’influenza negativa che una variazione nell’user experience può avere sul numero di pagine viste, impattando anche sui ricavi complessivi dell’editore. Ad esempio, un sito ha una media di 2 euro di Page RPM (e mediamente 3 pagine a visita) e decide di aggiungere un formato adv, portando così il Page RPM a 4 euro: le pagine visualizzate, però, sono nel frattempo scese a 2 per visita. Considerare il Page RPM, a differenza del Session RPM, non fa notare all’editore che in realtà i suoi ricavi complessivi sono diminuiti.

4. L’Ad Session RPM

C’è infine una metrica, introdotta da AdSense, abbastanza vicina al Session RPM, che è quella degli Ad Session RPM. Con questo termine si indicano i “ricavi per mille sessioni pubblicitarie AdSense”. Naturalmente, il primo limite di questo metodo è che vale solo per impression erogate tramite AdSense, quindi se un editore trasferisce un formato dal sistema di Google a un altro partner, il suo Ad Session RPM crollerà senza che ci sia effettivamente stato un calo di ricavi. Inoltre, questa metrica non tiene conto delle variazioni nel numero di erogazioni pubblicitarie date, ad esempio, dall’uso di ad blocker: se un sito registra un aumento dell’adozione di ad blocker da parte dei suoi utenti, l’Ad Session RPM rimarrà lo stesso, anche se effettivamente ci sarà un calo dei ricavi complessivi.

Session RPM: perché è una metrica importante per gli editori

Tra tutti questi metodi, il Session RPM è dunque il più affidabile, perché , a differenza di altre metriche, riesce a dare una visione esclusiva degli effetti della strategia di monetizzazione e di user experience di un sito, senza essere influenzata da altre variabili esterne. Inoltre, offre una visione ad ampio spettro del guadagno di un editore al di là del valore economico dei singoli formati pubblicitari.

Misurare il Session RPM del tuo sito è il modo giusto per capire se ci sono margini di miglioramento nella tua strategia di monetizzazione o se una particolare mossa che hai compiuto sta dando i suoi frutti o deve essere aggiustata. Ed è anche importante misurare il Session RPM separatamente tra le versioni Desktop e Mobile del sito, in quanto i layout e il tipo di interazioni possono essere anche molto differenti in base al dispositivo usato.

Clickio offre agli editori un’analisi approfondita del Session RPM. Tramite A/B test, siamo in grado di testare diversi set up di pagina, uno con più formati pubblicitari, uno con meno, calcolando sessioni e relativi ricavi. Contattaci se vuoi avere maggiori informazioni.

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